lunedì 30 luglio 2007

[Recensione] King Kong

Povera bestiola. C’ha pure il nasino fatto a cuore… l’unico film che mi ha ispirato tenerezza verso un animale. Non che non mi dispiaccia che venga bombardato, per carità. Meglio lui che noi.
Un regista sfigato (Jack Black) compie una spedizione/truffa verso un’isola che non appare nelle carte nautiche (ci sarà un motivo, no?) per girare un film che nessuno vuole comprargli. Ha bisogno di un’attrice protagonista perché la star se n’è andata, e incontra per strada Anne (Naomi Watts), attrice squattrinata ma con taglia 38, e la carica sul bastimento pieno di… gente strana. A bordo, il capitano ariano (già visto in 24), il nostromo di colore, un ragazzino raccattato chissaddove (Jaime Bell), un cuoco guercio e psicolabile (uno splendidissimo Andy Serkis - era compreso nel pacchetto dopo Il Signore degli Anelli?). Con una trappola, attira a bordo anche Jack Driscoll (Adrien Brody) sceneggiatore. Arrivano in quest’isola tropicale circondata da un alto muro (e neanche lì gli viene il dubbio che sia stato costruito per contenere qualcosa di pericoloso…) popolata di indigeni carini e simpatici: per dimostrare il loro benvenuto, rapiscono la donnetta, la legano ad un’intelligentissima struttura mobile, e la corredano di spezie deliziose. A un’ora di film arriva il famigerato Kong, un gorilla gigantesco, tutto pelosino, con il nasino a cuoricino, che non esita ad agguantare la bionda e portarsela via. La ciurma dapprima se la squaglia, ma poi l’infatuato scrittore riesce a convincere l’equipaggio a tornare indietro. Riescono a salvare la bionda (dopo svariate scene di lotta contro dinosauri, sì, DINOSAURI – c’era tutto il campionario di mostri avanzati da Jurassic Park- , e così dentuti che assomigliano ai tremors), che nel frattempo ha fatto uno spettacolino di cabaret danzante allo scimmione e facendoci pure amicizia, e a tramortire la bestiola infilandogli una bottiglia di cloroformio nel naso. Il regista astuto decide di portarsela a casuccia per sfruttarla a teatro. Una volta tornati in patria, la bestiola fa fare il pienone, ma durante lo spettacolo, essa si incazza come una iena (meglio, come un gorilla), spaccando fuori tutto. Il primate fugge e si rintana sopra ad un grattacielo, dove viene uccisa dalla contraerei. Tutto ciò in TRE ore di film.
Nonostante la trama un po’ pretestuosa (e vorrei ben dire, è KING KONG, mica il SETTIMO SIGILLO) la realizzazione pratica è eccellente. La prima e l’ultima parte di film sono ambientata a New York negli anni ’30. I colori sono meravigliosi, i costumi idem, l’atmosfera è quella giusta. È pure divertente. Jack Black qui è quasi normale, recita bene la parte del regista spiantato, senza esagerare come il suo solito. È *quasi* carino. Adrien Brody è da svenimento nonostante la parte sia un po’ scema, l’eroe senza macchia e senza paura. Però lui è bellissimo. Dopo l’Oscar per il Pianista, può anche fare il gelataio, se l’è meritato. Naomi Watts deve ancora convincermi, cioè, come attrice non mi sembra sto gran chè. Che sia l’eroina da salvare o la ragazza della pubblicità del centro commerciale, lei è sempre uguale. Girava voce che dovesse interpretare Narcissa Malfoy nel prossimo Potter ma non era vero. Purtroppo. Sarebbe stato un ruolo perfetto visto che viene descritta come “qualcuno che sembra aver sentito un odore sgradevole”. Però ha bei gusti in fatto di uomini. Liev Schreiber è un figo. Hanno anche appena avuto un figlio (tipo, trenta secondi fa).
Se uno va a cercare il pelo nell’uovo, ce n’è da discutere un sacco (tipo: com’è che Ann riesce a stare normalmente eretta sulla cima di un grattacielo, con giusto un po’ di venticello nei capelli, quando è noto che dopo un tot di metri le correnti (ascensionali?) siano terrificanti, tanto da piegare palazzi?) ma se si cerca di valutare l’insieme, secondo me questo film è molto ben fatto (soprattutto a livello tecnico - dove le sbavature degli effetti speciali sembrano, a mio parere, fatte appositamente). Kong ha veramente una dignità digitale eccellente.

Ps Andy Serkis interpreta anche Kong. Quest’uomo è un mostro.

[Recensioni precoci]

Giusto per mettere in chiaro le cose. Io non guardo solo i film che recensisco. Ne guardo a tonnellate. Ma la maggior parte non mi ispirano recensioni o semplicemente non prendo appunti. Ho deciso che recensirò pure quelli, ma senza sprecare tempo e cellule celebrali. Mi limiterò a due o tre aggettivi per titolo. Facciamo una prova?

Sherrybaby: noioso, banale, prevedibile.
Happy accidents: intelligente, ben recitato, strano.
Gli insospettabili: BELLISSIMO. CONSIGLIATISSIMO. In attesa del remake di Branagh con Jude Law e Michael Caine a parti invertite.
Munich: pesante (N. b. : Eric Bana si è conquistato il secondo posto nella classifica dei Chiappe D'Oro).
Hulk: bel montaggio, tenero, verde.
Criminal: intrigante, bel finale.
Conflitto d'interessi: viva Robert Downey jr e viva Branagh. Abbasso tutto il resto.
The wedding date: Dermot forever (merita il primato di "Unico film visto in tv dell'anno")
Holy smoke: strampalato, Keitel pervertito, Kate Winslet sempre bellissima.

domenica 29 luglio 2007

[Recensione] Il club dei cuori infranti

Dal titolo mi aspettavo qualcosa di completamente diverso.
Mi aspettavo una commedia romantica: ragazzo incontra ragazza-si amano-si lasciano-si rimettono insieme-titoli di coda.
La prima frase udibile del film è: “certo che Cameron Diaz è una bomba”. E io mi sono detta “D’oh! Ma chi me l’ha fatto fare!”. Dopodichè appare Zach Braff. OSSIGENATO.
Zach Braff mi piace molto; Scrubs è una sit com eccellente, esilarante e intelligente. Lui è bravissimo, è un comico fisico perfetto. Nel mio piccolo, mi piace pensare che qui e lì spunti Chaplin, ma magari è solo la mia immaginazione. La mia vita a Garden State, scritto diretto interpretato dal succitato, è un film meraviglioso, profondo e sensibile, che ti tocca nei punti più nascosti (che non riesco a trovare in dvd, cazzarola). Ora. Qui interpreta una checca isterica con la paura di avere relazioni stabili. Oh si, dimenticavo, è un film su un gruppo di amici gay. Il club suddetto, è il nome del locale per cui lavorano. Nel gruppo spicca Timothy Olyphant (ma quanto manca ad ottobre!?) che nonostante sia uno dei miei nuovi amori cinematografici, qui non mi convince molto, in veste omosessuale (ma sempre fotografo, come su Catch and release). Nell’allegra combriccola c’è anche l’amico sfigato di Carrie Bradshaw (che assomiglia a Tom Hanks da giovane), il Roger di Jericho, Justin Theroux, forse il gay meno credibile della storia. (mi chiedo: i responsabili del casting di Queer as folk, dov'erano?).
Il prodotto è banalotto, edulcorato, con la tipica voce fuori campo che parla di amicizia. Si propone di essere un film fuori dagli schemi, per quanto riguarda i clichè omosessuali, ma invece li prende in pieno, uno dopo l’altro, soprattutto con la tipizzazione dei personaggi (la checca isterica, il gay sensibile ma ferito, la coppia che si molla continuamente, il vecchio). Si pesta i piedi praticamente da solo.
Osservazione random: nei film non finiscono mai di bere/mangiare. Spiluccano un po’ e poi si alzano. Lasciando lì tutto quanto e senza pagare. Anche quando prendono il taxi. Non pagano mai.
PS: ma gli uomini etero (non disgustosi)... dove sono finiti?

[Recensioni flash 2]

Red Road

Motivo scatenante: consigliato da un’amica (nel quale paese questo film è effettivamente uscito nei cinema… qui, boh).
Trama: una donna lavora in un centro di osservazione privata che ha piazzato telecamere ovunque a Glasgow. Identifica l’assassino della sua famiglia, appena uscito di galera e lo segue. Diventa un’ossessione che la spinge ad andare ad incontrarlo e ovviamente a mettersi nei casini.
Osservazioni: un misto tra Brian de Palma, Adrian Lyne e l’Hitchcock della Finestra sul cortile.
Piaciuto: sì (anche se forse mi aspettavo qualcosa di diverso, ma va bene così, forse è proprio la sorpresa che mi ha tenuta sveglia).

Epic Movie

Motivo scatenante: volevo vedere la parodia di Jack Sparrow, che è già una parodia di per sé.
Trama: quattro orfani provenienti da situazioni diverse (un x-men sfigato, un orfano messicano, una adottata da una coppia di vips...) trovano il golden ticket per andare nella fabbrica di cioccolato, ma Willie Wonka è un maniaco sessuale. Per fuggirgli entrano in un armadio e si ritrovano a Gnarnia, dove devono affrontare svariate peripezie prima di diventarne i regnanti.
Osservazioni: all’inizio un po’ puerile con delle gag molto prevedibili e scontate ma poi comincia a salvarsi lentamente (ma cade ancora nella banalità qua e là).
- La parte sugli X-men bulli è esilarante! Gli x-men fighi come Wolverine e Tempesta (sì, vabbè) prendono in giro quelli meno cool come Angel, modello film sui licei americani.
- Parodizzano tutto e tutti, dai film degli ultimi anni a “fatti di pubblico dominio” come le adozioni vipparole, le dichiarazioni razziste di Mel Gibson o Paris Hilton (che muore violentemente...).
Piaciuto: nì (mi vergogno a dire Sì. Tutto sommato fa tanto ridere, ma spesso scivola)

Un colpo da dilettanti

Motivo scatenante: Wes Anderson è uno dei migliori autori/registi in circolazione. Questo è il suo primo film, mi mancava, in preparazione del suo ultimo, in uscita in tempi remoti. Qui il bellissimo trailer.
Trama: due amici fanno di tutto per entrare a fare parte di una banda criminale. Il tipico film su ladri brocchi e poco motivati.
Osservazioni: sono le prove tecniche per la creazione dei personaggi tipici dei suoi film, dalla famiglia Tenenbaum alla ciurma di Steve Zissou, tutti con le proprie nevrosi e tic particolari.
- Qui recitano insieme Luke e Owen Wilson. Luke era proprio un bel pezzo di manzo.
- C’è sempre l’attore indiano degli altri due film, Pagoda, per capirci.
- Un po’ noioso, ma si risolleva verso la fine. L’idea di base c’è, lo sviluppo manca di spina dorsale. Se lo rigirasse adesso, forse, verrebbe meglio.
Piaciuto: nì. Preferisco gli altri due (e sono sicura che anche il terzo sarà ottimo).

Bob Roberts

Motivo scatenante: c’è Rickman.
Trama: è un mockumentary. Un finto documentario su un candidato al senato americano, repubblicano, cantante country, filo-nazista.
Osservazioni: progetto molto ambizioso, che però si perde proprio negli intenti, lasciando in sospeso o solo accennate molte cose.
- Tim Robbins è decisamente perfetto, anche perché torreggia dal suo metro e novantasei.
- Il film, del 1992, capita proprio durante Bush sr., non so come gliel’abbiano fatto passare, visti i tempi super bigotti.
- Nonostante i testi razzisti, le canzoni non sono malaccio (a livello melodico).
Piaciuto: sì. (Rickman ha circa 2 minuti di screen time, ma ne vale comunque la pena.)

Havoc

Motivo scatenante: boh… avevo letto che era un film sconvolgente, scandaloso, sesso a manetta… evvai!
Trama: due amiche ricche e viziate amanti dell’hip hop vogliono entrare in una gang di messicani spacciatori.
Osservazioni: va bè che a Hollywood tutto è possibile, ma Anne Hathaway a 24 anni non può interpretare una ragazza di 16. Con quella voce FASTIDIOSA, poi.
- L’hanno paragonato a Thirteen, altro film stupido e pretestuoso, giusto per fare vedere un po’ di tetta adolescente. Io l’ho trovato più simile a Black and White, sarà perché la protagonista è la stessa? Bijou Philips, un nome che non scorderò mai, vista l’idiozia dei suoi genitori.
- Anne Hathaway voleva scrollarsi di dosso il personaggio di principessina o di segretaria solerte, ma sinceramente è meglio che si attenga a ruoli zuccherosi, perché qui sembrava proprio fuori luogo. Comunque, prevedo un ruolo da poliziotta coraggiosa in un futuro molto vicino.
- Perché li fanno sti film? Non riesco a capacitarmene. Almeno Black and White aveva il piglio di documentario ed era pieno di guest stars, ma questo? Buttiamo i soldi nel cesso!
Piaciuto: No, assolutamente no. E per una volta posso dire “Grazie a Dio non è uscito in Italia”.
Errata corrige: esce la prossima settimana... d'oh!

Appuntamento a Belleville

Motivo scatenante: al supermercato il doppio dvd costava poco. L’ho preso senza saperne nulla. Ho fatto un affare.
Trama: un bimbo orfano si appassiona al ciclismo e viene allenato dalla nonna fino a quando, cresciuto, partecipa ad una gara e viene rapito. La nonna parte alla riscossa fino a Belleville per riprenderselo.
Osservazioni: è un cartone animato senza dialoghi.
- L’animazione è bellissima, piena di trovate. In ogni immagine c’è qualcosa che ti fa dire “ma dai! Che carino!” oppure “Che ridere!”. Assolutamente geniale. Divertente e triste allo stesso tempo.
- Belleville rappresenta New York (anzi, un misto di metropoli) e la statua della libertà è una signora obesa. E' popolato di personaggi assurdi e caricaturali.
Piaciuto: sì. TANTISSIMO.

Lupo Solitario

Motivo scatenante: Viggo.
Trama: il rapporto tra due fratelli, prima e dopo il Vietnam. Uno mette su famiglia, l’altro diventa squilibrato (Viggo… oh yeah).
Osservazioni: David Morse, il fratello di Viggo, è il poliziotto stronzo di Dr House (per chi segue…). È sposato con Valeria Golino, che fa la parte di una messicana. Eh?
- E' diretto da Sean Penn (che dopo questo, vorrei vedere più spesso alla regia).
- C’è un full frontal di Viggo. Mi astengo da ogni commento. (Volevate lo screenshot, eh? Viziosi!)
- Patricia Arquette ha dei denti fantastici.
- Un finale molto molto bello.
- Viggo è un Dio.
- Titolo originale: The Indian Runner.
Piaciuto: sì. Molto. Ma lo rivedrò presto.

domenica 15 luglio 2007

[Recensione] Catch and release

Bello bello bello bello bello!
90 volte su 100 il film romantico/sentimentale/vita quotidiana "indipendente" (indipendente = non quelli con Brad Pitt e Angelina Jolie o qualche altro fantoccio) mi risulta gradito, anzi, spesso mi fa pensare di non aver sprecato il mio tempo. Questo è il caso di Catch and release.
Mi è capitato sotto tiro perché ci recita Kevin Smith. Ci recita e basta, non produce, non dirige, non sceneggia. Mi sembrava interessante vederlo nei panni di qualcun altro, per una volta, ma interpreta un cazzone che gira in vestaglia, che mangia sempre e che si eccita pensando alle lesbiche. Praticamente sé stesso. Non che mi dispiaccia il fatto che Kevin Smith sia Kevin Smith, anzi, lo amo per questo, ma volevo un assaggio di qualcos’altro.
Bando alle ciance.
A Jennifer Gardner muore il quasi-marito appena prima del matrimonio e deve fare i conti con la propria vita, gli amici, la suocera (la zia stronza di Harry Potter) e i segreti che lui non le aveva confessato. Venire a sapere certe cose sul proprio fidanzato morto la cambia e la rimette in carreggiata. Ora. La trama forse è banale, ma la forza di questo film sta nella semplicità dello svolgimento, negli attori stessi, nell’abbigliamento. Questo film è pieno di gente in infradito, in pantaloncini corti, poco trucco, case disordinate, gesti veri. La Gardner è splendida. Non ho mai visto Alias ma non riesco ad immaginarla agente segreto (o quello che è). La vedo perfettamente inserita nel ruolo di vedova, sensibile e un po’ impulsiva.
Un’altra cosa che mi ha colpito molto è che durante il film mi sono sentita molto vicina a tutti i personaggi, a turno: alcune frasi, alcune situazioni, mi sono sembrate talmente famigliari e già dette che mi sono auto-spaventata (è umano riconoscere subito i propri difetti proiettati sugli altri; com’è naturale che si ricordino i momenti brutti, piuttosto che quelli piacevoli. No?).
Il film è diretto da Susannah Grant. Il nome non mi diceva nulla ma su Imdb ho scoperto che questa donna ha alle spalle svariate perle: In her Shoes, Erin Brokovic, 28 giorni (che avevo anche recensito, d’oh!), Ever after, Pochaontas. Caro Babbo Natale, per favore, da grande posso diventare Susannah Grant? Grazie.
Altro punto da discutere. La protagonista alla fine sceglie di stare con Fritz (no comment sul nome), Timothy Olyphant, che ho già nominato qua e là. Die Hard 4 uscirà ad ottobre in Italia, credo che impazzirò nel frattempo. I cattivi di Die Hard sono sempre CATTIVI, se capite cosa intendo. Qui fa la parte del migliore amico del morto, un po’ ombroso, ma sotto sotto dolce e sincero. Ma a noi, che ce frega? Qui è al suo meglio (tranne la pettinatura da farlocco – molto meglio nature con un po’ di brizzolatura). Aggiungiamolo alla lista dei “Se lo incontro in un vicolo mi faccio stuprare”.
Tutta la sequenza iniziale è molto bella. È il funerale del quasi-marito e l’imbarazzo della situazione è palpabile. I funerali SONO imbarazzanti. È OVVIO che si è tristi per il defunto ma non vedo perché obbligarsi ad andare dai cari della salma a dire STRONZATE: A) perché tanto sono sempre sconvolti che non si ricordano manco dove hanno parcheggiato; B) è OVVIO che se sei lì è perché ci tenevi al morto e ti dispiace che non sia più tra noi. Cristo, quando sono triste/sconvolta/depressa/mestruata ho solo bisogno di stare da sola, lontano dalla gente parlante e soprattutto che crede che il contatto umano faccia bene. Non fa bene un cazzo, ODIO essere toccata. Scusate il cinismo ma per me i funerali sono come San Valentino. Per la Perugina. Insomma, il film mi è piaciuto perché:
- nella semplicità è riuscito a toccare svariati punti nevralgici (oh, anch’io ho un cuore);
- Kevin Smith è il migliore;
- Timothy Olyphant ha dei bicipiti paurosi;
- C’era una cartina di Venezia appesa in casa.
Alcune considerazioni “superficiali”:
- Quando gli attori sono tristi e depressi si siedono sempre in vasca da bagno. Io preferisco sedermi sul water, tirare su i piedi come se fossero ancore e accartocciarmi.
- Nei film lasciano sempre le chiavi di casa sotto il tappetino o dentro al vaso di fiori. Ma da loro, i ladri, non esistono? A parte che costruiscono le case di marzapane, con un soffio vengono giù.
- La gente nei film è sempre curiosa come la merda. Si fermano tutti ad ascoltare dietro alla porta. Retaggi della Commedia dell’arte? Naaaa.


lunedì 9 luglio 2007

[Recensione] Shaggy dog

Posseggo questo dvd. Ora, dopo essermi svergognata da sola, posso cominciare.
DETESTO i film Disney (tranne eccezioni come i Pirati). Sono ipocriti, buonisti, zuccherosi, tutti uguali e con attori particolarmente mal impiegati. Shaggy Dog infatti, non si discosta dalla massa.
Un cane tibetano di 300 anni morde un padre di famiglia sempre assente per lavoro, il quale morso contiene un virus che lo fa trasformare a sua volta in un quadrupede peloso e gli fa capire che i figli hanno bisogno di lui. E che i cani non sono così schifosi.
L’unico lato divertente e come suddetto, particolarmente sottotono, è la performance di Robert Downey Jr, che anche nei film di merda, riesce a risaltare. Interpreta il capo di un’azienda che esegue esperimenti sugli animali (rapiscono il cane tibetano per sintetizzarne il dna e trarne il siero della giovinezza) e verso la fine, anche lui viene morso dal cane tricentenario. Il personaggio è un cattivo da cartone animato (ma và?), di quelli cattivi cattivi che quando compiono le malefatte si sfregano le mani e ridacchiano. Ovviamente sono quelli più stupidi, ma riescono comunque a guastare le feste all’eroe di turno. Il virus canino fa comportare gli umani come cani, durante l’incubazione. Infatti è divertente vedere Robert che passeggia con la lingua a penzoloni e che gioca a riportare un manganello lanciato da un poliziotto. Il padre di famiglia distratto è Tim Allen, che a qunto pare è un campione dei film idioti. Io l’ho visto solo in Galaxy Quest, che E’ un film idiota. A parità di performance, Robert lo schiaccia. Quanto Allen fa il cane, non fa ridere. Per niente. Fa pena. Quanto lo fa Robert, esagerando, come tutte le sue interpretazioni, fa sbellicare.
Ci sono degli effetti speciali di morphing e simili, ma fanno schifo. Cosa credono, che i bambini non le notino ste cose?

Ps: odio anche i cani.

[Recensione] The Calcium Kid


Bloom è un deficiente. Nel senso che deficie di tutte le qualità di un bravo attore. Ha un range espressivo di ben DUE emozioni: accigliato e pensieroso (che potrebbero essere la stessa cosa, in effetti). Non ha fisicità: si limita a esistere, a starsene in piedi davanti alla cinepresa. Non è bello, né attraente, né affascinante: assomiglia a una scimmietta un po’ beota. E’ anche troppo magro per i miei gusti. Io non riesco a capacitarmi di come sia riuscito ad arrivare dov’è ora, con un paio dei franchise più importanti della storia del cinema e qualche film mediocre alle spalle. Sì, esatto, proprio non lo sopporto.
Durante i miei ravanaggi nei cestoni dei supermercati di tre province mi imbatto spesso nel dvd di questo film. Mi è rimasto impresso perché ha una delle copertine più brutte del secolo, con una foto poco lusinghiera del suddetto non-attore: un quasi piano americano di Bloom in versione pugile, glabro, con le costole sporgenti e con i suoi riccetti color catrame. Proprio perché volevo farmi due risate ho deciso di visionare il film in oggetto.
Credevo fosse il Million dollar Baby de noantri ma mi sbagliavo.
È un mockumentary, ossia un finto documentario. Un finto documentario inglese. Con attori inglesi. Su un lattaio che diventa lo sfidante del super campione mondiale per caso. Un lattaio. Lattaio. Già la professione fa un po’ ridere (niente contro i lattai, anzi, vorrei un fidanzato lattaio), il fatto che diventi l’eroe del quartiere, e poi della nazione, lo rende oltremodo irresistibile.
Jimmy Connelly beve un litro di latte al giorno e per questo ha un tessuto osseo più resistente del normale. Allenandosi con il campione inglese, questo gli tira un pugno sul cranio per sbaglio e si spacca la mano (!). Il lattaio è costretto dal manager incapace (ma affarista) a combattere contro il campione messicano, borioso e con un entourage degno di Madonna. Il film mostra i giorni prima del combattimento, soprattutto l’allenamento casalingo sulle note della colonna sonora di Rocky (il suo allenatore è il meraviglioso David Kelly, uno dei vecchietti di Svegliati Ned o il Grandpa Joe della Fabbrica di Cioccolato). Si susseguono interviste ai vicini di casa, ai negozianti del quartiere, al pubblico e al pugile in erba. Ovviamente ci sono degli imprevisti che fanno cambiare idea al pubblico, problemi con madre e amici, ma altrettanto prevedibilmente tutto si sistema.
Ci sono dei momenti decisamente esilaranti, la regia è molto dinamica e mai noiosa.
Forse ma forse, la prossima volta che troverò il dvd impolverato in un cestone, nascosto tra Giovannona coscialunga e Alien vs Predator, un pensierino ce lo faccio.
Nella vita non mi piacciono le sorprese, per me una sopresa è sinonimo di imprevisto e di conseguenza “problema da risolvere”. Ma sono molto felice quando trovo un film (o un libro o un disco) che valeva zero ed esce vincente. Come questo. Bloom mi ha *quasi* convinta, ma non mi faccio ingannare. Tiè.

giovedì 5 luglio 2007

[Recensione] Team America

Te pareva. Quando qualcuno mi parla di un film con troppa enfasi, a me, probabilmente, fa cagare. Ok, non ho ODIATO Team America, ma non l’ho nemmeno amato. Diciamo che non l’ho capito. Intendo, spassoso in certi punti, noiosissimo in altri. Gli autori di South Park per me sono dei geni indiscussi, molto di più di quelli dei Simpson e di Futurama. Baseketball, l’altro film del team, è perfetto. Esilarante, tettone, con la dose giusta di gag stupide e personaggi inverosimili.
L’estate scorsa, sono finita per caso a dormire a casa di un conoscente, con numerose altre persone (no, non era un’orgia). Dopo aver collassato su uno sdraio per non so quanto, mi sono svegliata e sono entrata in casa, per constatare che i supersiti (ben due) stavano cominciando a vedere questo Team America. Io ero troppo spolpa per rimanere sveglia e dopo aver recuperato i tacchi e i vari pezzi di borsa lasciati in giro, mi sono recata a letto. Ovviamente dopo aver segnato il titolo del film in questione. È passato un anno e l’ho visto solo adesso.
Un amico mi ha fatto notare che non essendo cresciuta con i Thunderbirds, non ho potuto apprezzare appieno il film. Ma io dico: quante persone ci sono che non sanno cosa sono i Thunderbirds (una squadra di pupazzetti che salvano il mondo periodicamente come il ciclo mestruale) e non li hanno mai visti? Molte. Se un film viene fatto per un’elite, va bene, niente da dire, basta solo che rimanga confinato in certi cinema di periferia o a festival tematici. Un “blockbuster” no (a quanto pare in Italia non l’ha visto nessuno… ci credo). Comunque sia. È una satira sul terrorismo, sul razzismo, sul mondo dello spettacolo, sul mondo intero ecc. ecc. E’ ovviamente molto sboccato e americano. Ci sono un sacco di citazioni a un sacco di cose che un sacco di gente becca ma un sacco anche no, come i testi originali delle canzoni. Se uno non sa l’inglese, può anche astenersi.
È carino il personaggio del dittatore nord coreano (o cinese, quello che è) che parla strano “Tono piccolo e tolo!” “Perché tono tutti fottutamente tupidi!”…
Penso che la maggior parte dei degenerati che volevano a tutti i costi vedere questo film erano solo curiosi di vedere la (lunga) scena dove due pupazzi scopano di brutto (compresa pioggia dorata e altre cosuccie) e il momento in cui uno di loro vomita… il gioco comunque non vale la candela, i suddetti momenti non sono poi così divertenti, anzi. Qui e lì qualche battuta divertente, carino il fatto che siano delle marionette a “recitare” (fondamentalmente meglio di tanti attorucoli) ma tutto qui.
Se proprio volete vederlo, guardatelo in originale coi sottotitoli rigorosamente in inglese. Io credo che la prossima volta che finirò a dormire in un ambiente sconosciuto, mi farò i cavoli miei.

lunedì 2 luglio 2007

[Recensione] Go - una notte da dimenticare

Una bella sorpresina.
Go – una notte da dimenticare è uno di quei dvd che trovi a 5 euro nei cestoni, dei quali non sai nulla, ma pensi che se sono finiti nei cestoni, un motivo valido ci sarà (la presenza della signora Cruise potrebbe essere un indizio…). E invece no.
Il sottotitolo italiano fa presumere di sapere già tutto della trama, ma invece ci sono delle svolte impreviste: il film è diviso in tre parti, tre storie intrecciate, che si condizionano e allacciano nell’ultimo segmento (una specie di a+b=c) partendo dal medesimo inizio. Ho provato a fare uno schemino per cercare di rappresentare geometricamente la linea temporale dei vari personaggi, ma visto che sono dotatissima in disegno, è venuta una specie di macchia di Rorschah. Che non avrete il piacere di vedere. In poche parole: una vendita di droga che va a finire male si intreccia con un viaggio a Las Vegas e una coppia di gay infedeli ad un rave, il tutto durante un’epica (e divertentissima) scena finale.
Svariate apparizioni gradite, soprattutto quella di Timothy Olyphant (che ho già nominato nei meandri di qualche post) nella parte del dealer bastardo (ma super gnocco – oh, almeno per me), cosa che gli riesce bene con quella faccia da “lo sai benissimo che sto cercando di incularti ma tanto non ci puoi fare niente”. Quest’estate lo vediamo (io lo vedo di sicuro, voi, arrangiatevi) in Die Hard 4, nella parte del deus ex machina che ce l’ha a morte con il nostro eroe McLane. C’è pure William Fitchner, che sfoggia un fisico pazzesco, nonostate gli ottomila anni. C’è anche la tizia di Ally McBeal, quella che ci prova con tutti. Non ricordo il nome del personaggio, tanto mi sta sul cazzo. C’è Scott Wolfe, che mi ha fatto venire un infartino perché non lo vedevo da minimo dieci anni. Ricordo che quando trasmettevano Party of Five (un telefilm tristissimo, dove cinque orfani tiravano a campare), lui interpretava il liceale, ma aveva più di trent’anni, secondo Top Girl o Cioè. Ne rimasi sconvolta.
Il titolo “Go”, è la parola chiave di tutti gli episodi, anche se bisogna stare attenti a coglierne il significato, dato il doppiaggio e alla sottigliezza della sceneggiatura.
Sembra un film scemo, le basi ci sono, ma come altre perle, si nasconde bene tra il marasma di commedie dalle trame insulse e identiche. Anche se resto dell’opinione che Kathy Holmes vada soppressa, checchè se ne dica. Povera Suri.