lunedì 11 febbraio 2008

[Recensione] Frailty

Non c’è niente che mi mette angoscia come andare dal dentista. Nei giorni precedenti all’appuntamento, non riesco a dormire, mi comporto come un animale in gabbia al quale i bambini tirano contro oggetti appuntiti. Il giorno X, sfioro la crisi mistica, mi dimeno come se avessi le emorroidi e fossi costretta a star seduta a guardare un film con Tom Cruise che recita Shakespeare. Nudo. Matthew McConaughey mi fa lo stesso effetto. Non mi interessa se è figo (non lo è), simpatico (non lo è), un bravo attore (non lo è), io lo trovo repellente, disgustoso e borioso. Giusto per confermare le mie convinzioni, si fa inquadrare a petto nudo (la sua specialità, a quanto pare) entro i primi 5 minuti dall’inizio del film (probabilmente per motivi contrattuali, altrimenti le sue fan bavose non possono apprezzare pienamente le sue – inesistenti - doti attoriali).
Matthew McConaughey si reca all’FBI per denunciare l’identità di un pericolosissimo serial killer, soprannominato dalla stampa “Mano di Dio”. Non ne è sicuro ma crede che sia suo fratello, che si è appena suicidato.
Il film si presenta come una lunghiiiiiissima confessione di Fenton Meiks (l’uomo repellente, appunto) che racconta ad un agente la sua storia (tutto ciò, dunque, attraverso flashback + e stucchevolissima voce narrante). Parte da molto lontano, dal 1979, quando al cinema davano Polpette e i Guerrieri della notte, giusto un paio di riferimenti per farci capire *occhiolino* che gli autori hanno fatto un minimo di ricerca di contestualizzazione. Lui e il fratellino, Adam, vivono con il padre meccanico, apparentemente normale, e conducono un’esistenza più o meno felice.
Durante una notte, il padre (Bill Paxton – in questo caso anche regista – uno dei molteplici attori appartenenti al club “FdC – Faccia da culo”) comincia a vedere cose. Vede angeli che gli dicono che deve combattere Satana e che gli porterà delle armi magiche per sconfiggerlo (capita a tutti, no?). Porta a casa oggetti random, come un’ascia, dei guanti o un tubo sfilettato. Mentre è al lavoro su una coppa dell’olio, gli appare un angelo vestito da gladiatore, inclusi addominali di plastica, che gli da la lista dei primi sette demoni da uccidere, in realtà compaesani innocenti. Il figlioletto si pone giustamente delle domande (cosa che stiamo facendo anche noi dall’inizio) e vorrebbe raccontare a qualcuno del piano omicida, ma non sa che pesci pigliare (neanche noi). Il bimbo piccolo (meglio conosciuto come il Peter Pan più fastidioso della storia del cinema) fa una lista di bambini che lo maltrattano e dicendo che gliel’ha dettata Dio, cerca di passargliela al padre (che bambino intelligente). Ma il padre ovviamente gli dice che solo la sua lista è vera, perché quelle persone sono demoni e non gente comune e che forse, da grande, potrà averne una tutta sua (com’è dolce! Vuoi vedere che l’agente dell’FBI è stato attirato in una trappola dal McConaughey finto imbecille? Finto, mica tanto).
L’angelo gli appare e lo guida verso la prima vittima, una donna, che porta a casa legata come un salame e la uccide davanti ai figli. Salutare. È anche convinto di riuscire a vedere i peccati commessi dalla vittima toccandola a mani nude. Un tipo a posto. Il figlio minore, purtroppo, partecipa alla sua follia con troppa alacrità e dice di riuscire a vederli anche lui.. Poi ci si stupisce perché certa gente ammazza a sangue freddo intere famiglie o ama Scarlett Johansson. Bisogna sempre risalire alla fonte.
Il padre continua ad uccidere con lo stesso modus operandi ma sempre più delirante (“Siamo invisibili quando agiamo per mano di Dio!”), il bambino più grande si caga sotto, vuole andare dalla polizia ma non lo fa (aspetta duecento anni per spifferare tutto), l’altro pargolo comincia a dare segni di squilibrio.
Seconda vittima: un vecchio arteriosclerotico preso all’uscita del supermercato col semolino appena comprato.
Scavano una prigione sotterranea tutti insieme, viva il bricolage con il papà.
Terza vittima: un ragazzo, probabilmente colpevole per indossare una maglietta color senape.
Il ragazzino finalmente va dalla polizia ma non gli credono, naturalmente, e lo riporano a casa dal padre. Si fanno una risata tutti insieme umiliando bellamente il bambino, ma il padre si innervosisce e lo prende a badilate (l’uomo, non il figlio). Piagnucolando invoca Dio per l’errore commesso, ma lo finisce e lo seppellisce lo stesso, senza battere ciglio. Il padre impazzisce sempre di più e sta per prendere a badilate anche il figlio, ma ci ripensa, e lo rinchiude sotto terra per settimane senza cibo. Prevedibilmente, il ragazzo esce di testa e vede Dio (tale padre…)… e vorrei ben vedere. Comincia ad assecondare il padre, il quale vuole che uccida la prossima vittima (uno che assomiglia a Sting). Ma al momento di diventare un piccolo omicida, pianta l’ascia nel petto del padre. Ci pensa l’altro Adam a finire il lavoro. Lo seppelliscono e ne denunciano la scomparsa. I due fratellini vengono separati in due orfanotrofi diversi.
Tornati ai nostri tempi, sorpresa sorpresa, scopriamo che Fenton non è Fenton, ma è il fratellino piccolo. Il serial killer è l’altro fratello, il vero Fenton (probabilmente rimasto leggermente scosso per gli eventi trascorsi). L’ha dovuto uccidere perché ha portato a termine il compito che il padre non era riuscito a finire (quando l’aveva chiuso nella buca). Il colpo di scena finale, leggermente “telefonato” è che il poliziotto era sulla lista del bimbo, che ora completa il suo destino, uccidendolo (e blaterando la solita solfa “Dio mi protegge”).
A causa dello scadente senso dell’umorismo degli sceneggiatori (o di una forte compiacenza), il film continua, con gli agenti dell’FBI che interrogano un collega del poliziotto (l’ultimo ad averlo visto) che FATALITA’ non si ricorda nulla, e visionano le registrazioni della telecamera a circuito chiuso, tutte rovinate da una provvidenziale riga di traverso, che nasconde la faccia dell’assassino. In fondo sono l’FBI, e rintracciano il nome dell’uomo, che corrisponde a Fenton Meiks. Vanno a casa sua, trovano le prove che lo incastrano e raggiungono il fratello per comunicargli la lieta notizia che il fratello è morto e che era un serial killer, non nell’ordine. Sorpresa sorpresa, il fratellino è lo sceriffo della città, ed è il presunto Fenton, cioè Adam, cioè il fratellino più piccolo, che ora ha completato il suo percorso e vivrà per sempre felice e contento, attorniato da pettirossi e coniglietti canterini (no, non è vero, questa era solo una mia fantasia passeggera).
I cinque minuti di presenza di Matthew McConaughey sono bastati ad attirare frotte di donnette con le mutande bagnate? Chissà… io questo film non l’avevo mai sentito nominare, perso tra le decine di thriller insulsi che escono ogni anno. Meno thriller! Più musical! E così venne linciata dal popolo.