venerdì 23 gennaio 2009

[Recensione] Virgin territory


Io lo sapevo già che questo film era una ciofeca (un lievissimo indizio sulla scarsa qualità? C'è la Canalis*).
Però uno spirito da kamikaze cinefilo mi deve aver contagiata e... va bè niente scuse, volevo vedere Hayden Christensen nudo e colto in flagrante.
E dai, è sempre bello vedere un film ambientato in Italia, attraverso occhi stranieri, giusto per annegare tra gli stereotipi e gli anacronistici set costruiti con la cartapesta.
A parte Hayden Christensen, nel folto cast di bellezze al bagno, una più pettoruta e labbra canottata dell'altra, c'è anche Tim Roth. Per un Le Iene, ci becchiamo venticinque Decameron Pie. E va bè, anche gli attori devono mandare i figli a scuola.
Da subito ci sono: il giovane ed affascinante mascalzone Lorenzo, Gerbino - lo sceriffo di Nottingham di turno (con i suoi bravi vestiti di pelle che neanche gli Hell's Angels)-, Pampinea, la nobile caduta in disgrazia (Mischa Barton, che dopo the OC non la vuole più nessuno).
Il giovane delinquente scappa dai creditori ma cade svenuto nei pressi di un convento (c'è sempre un convento di suore gnocche nelle vicinanze ogni volta che uno ne ha bisogno). Le pie sorelle se lo portano a casa, ma si rivelano essere delle vogliose creature in cerca di sollazzo. Trovano territorio fertile e con regolarità gli fanno visita (finge di essere sordomuto: anch'io diventerei cattolica praticante per ricevere dal cielo un tuttofare silenzioso e con le gambe di Hayden Christensen).
Al convento si rifugia anche Pampinea, la sua bella, promessa ad un conte russo (!). Le suore la servono come dame da compagnia (ma che convento è? di solito non sono posti lugubri dove ci si alza alle quattro per pregare e si parla una volta all'anno a turno?).
Arriva il conte russo (un impressionante Matthew Rhys, che da Dylan Thomas, passa ad interpretare un perfetto deficiente) che subito scatena ira in Gerbino Della Ratta (chi ha scelto i nomi per i protagonisti veniva violentato da piccolo, come minimo).
Il tutto è un pasticciaccio modello commedia scosciata anni settanta (ma anche ottanta, novanta e duemila, ora che ci penso). Doppi sensi, rotolate nel fieno, suore tettone, fantasie erotiche angeliche con piselli rosa che svolazzano e chi ne ha più ne metta: tutto talmente osè che si spera che ad un tratto spuntino Alvaro Vitali o Edwige Fenech a ravvivare la situazione.
Pampinea bacia Lorenzo mentre lui è bendato, lui si rincretinisce ulteriormente. Lei deve uscire dal convento, ma per gelosia e per paura che le suorine glielo consumino, lo denuncia alla madre superiora che lo caccia.
(Evito di nominare le varie sottotresche, perchè oltre ad essere inutili sono anche oltremodo ridicole... non che la trama principale non lo sia, ma insomma, di qualcosa devo pure parlare). Solo una honorable mention... il fidanzatino di Keira Knightley, Rupert Friend, il gemello di Orlando Bloom, appare come un fuorilegge dall'accento insulso e le treccine da barbie Africa (ovviamente tutte le tende erette nel mezzo della foresta hanno un palo al centro che permette di fare un'antesignana lap dance per salvarsi il collo).
Pampinea e Lorenzo si recano nel luogo del matrimonio e lui le confessa di essere innamorato della donna che l'ha baciato al convento (Oh-che-romantico: nel caso in cui lei si rivelasse una ciofeca, lui sarebbe pronto a ritrattare, ci scommetto le unghie dei piedi e le cuticole delle mani).
Arriva Gerbino (un incrocio tra un germe e un tombino) e scatta la rissa nella fontana (oh-che-originali!). Lorenzo perde, viene imprigionato (in una cella lunga come il tunnel della Manica e ugualmente umida); lei minaccia di gettarsi nel pozzo se Gerbino non lo libera. Se acconsente, lei lo sposa. Non faceva prima a buttarcisi terminando tutte le nostre pene?
Stanno per sposarsi, arriva il russo, scatta la rissa totale. Tutti si sistemano e sono felici tra i petali di margheritine.
Io ho capito che mescolare antico e moderno fa tanto carino, ma di Il destino di un cavaliere ce n'è uno solo (e avanza). I costumi sono di Roberto Cavalli (e questo basta a capire il genere di straccetti haute couture che indossano i protagonisti).
Il film sarebbe insopportabile se non ci fossero degli intermezzi comici (tra il finto prete-voce narrante e Tim Roth) e il cameo (molto Pythonesco) di David Walliams (chi ha visto Little Britain sa di cosa parlo).
Ah, e Hayden Christensen espone al massimo una spalla e un paio di caviglie pelose. Decisamente non ne è valsa la pena.


*doppiata. L'accento era troppo perfetto pure per un londinese da quattro generazioni.