domenica 7 ottobre 2007

[Recensione] Catwoman

Fino a un anno fa, mi rifiutavo categoricamente di vedere film tratti da fumetti. Avevo giusto un paio di pregiudizi. Però, pensandoci, col senno di poi, sono sempre stata innamorata di Batman. Quando uscì Batman forever nelle sale, FATALITA’ Val Kilmer era il mio attore preferito. Fino a Batman Begins, per me, Batman, era lui. Ora, se uno pensa a Batman, pensa a Christian Bale (anche il Tg5 conferma, nella loro infinita arbitrarietà informativa). Bale è un uomo perfetto (salto la sviolinata e vado al punto), è una macchina da guerra, un supereroe giusto e umano. Ma non è sexy (nelle vesti di Batman, si intende. Negli altri film… da ictus). Bruce Waye è un riccone pieno di donne, DEVE essere sexy (immagino che sia per questo motivo che per hanno scelto George Clooney, il peggior Batman di sempre). Val Kilmer lo è (ops, ERA), eccome. Gli ormoni di una tredicenne non mentono mai. Tutto ciò per dire cosa? Non mi ricordo più.
Ah, sì. Fino a quest’anno, niente film tratti da fumetti tranne Batman (Tank girl e Ghost world… ma non sono fumetti ordinari). Poi ho scoperto di avere il Sacro Graal nella mia videoteca. X-men e sequel. Mi interessava vedere il numero due, giusto per gustarmi Alan Cumming tinto di blu, ma essendo una purista, mica potevo vedere il due e non l’uno? Eh no, carissimi. E lì, come San Paolo (Pietro? Giovanni? Boh!) colpito sulla via di Damasco, ebbi la rivelazione. Gli X-men erano fighi quanto Batman! (Tutto ciò a 24 anni… c’è gente che legge fumetti a sei anni di vita… oh, meglio tardi che mai). Ma soprattutto, che razza di animale è Wolverine? (Animale in tutti i sensi, gnam!)… E lì mi è nata la curiosità di vedere altri film tratti da fumetti, di vari generi… Sono arrivati Daredevil (penso di essere una delle poche persone al mondo a cui è piaciuto), Hellboy, Spiderman, Hulk e via dicendo. Quindi, Catwoman rientra nel programma “recuperiamo il tempo perduto”.
Comincia con una delle frasi più altisonanti della storia del cinema, dopo “Adoro l’odore delle scorregge mattitine” (vi sfido a trovarmi la citazione), ossia “tutto è cominciato il giorno in cui sono morta” (e noi ci chiediamo… Perché sei resuscitata? Nessuno te l’aveva chiesto…). La protagonista, Patience (… appunto…), una sfigata dal dubbio gusto per l’abbigliamento, che fa la grafica per una grossa azienda di cosmetici, si fa trattare male da tutti, compreso il capo, che oltre a sgridarla per come è vestita, le fa rifare tutto il lavoro entro la mezzanotte del giorno dopo (perché nei film mettono sempre ste scadenze assurde?). La moglie del capo, una vecchia conservata sotto formaldeide, è una stronza ipocrita come lui (Dio lì fa, poi li accoppia) ma la difende dall’attacco del marito.
Patience torna a casa (ovviamente un quartiere malfamato) dove da ancora prova di essere un’inetta. Il mattino seguente un gatto si arrampica sul suo cornicione e lei per salvarlo, al posto di chiamare i pompieri come ogni film che si rispetti, esce dalla finestra e sale su un condizionatore di quelli che si incastrano nelle finestre (altro che Darwin awards..). Un poliziotto che per caso passa sotto la sua finestra la salva, credendola una suicida (peccato…). Ovviamente scatta l’inciucio quando lui le riporta il portafoglio, smarrito per la fretta di andare al lavoro (compagni di lavoro: un gay di colore e una cicciona simpatica… quando mai i ciccioni dei film non sono simpatici?).
A mezzanotte meno trenta secondi la donna si reca nella fabbrica dove fanno (bolliscono?) i cosmetici ma trovando tutto chiuso, si infila in una porticina di servizio, dove naturalmente assiste alla confessione dello scienziato sfigato che ammette che la super crema che stanno per mettere in produzione ha degli effetti collaterali terrificanti. Da sfigata maldrestra qual è, ribalta una serie di teglie (?!) e si fa sgamare di brutto. La moglie del capo, artefice dei loschi piani, dà l’ordine ai propri scagnozzi di ucciderla (un po’ radicale!). Le sparano a raffica e lei per scappare si infila in uno shaker gigante, che in realtà è una specie di lavandino, dove gettano le scorie. Finisce nel fiume e muore. Il suo cadavere affiora su un monterozzo di escrementi, e qualche decina di gatti le si avvicinano, forse attirati dalla puzza di pesce. Il gatto che lei aveva cercato di salvare, le sale sul petto e le alita in faccia. Lei rinviene, giustamente. Avete mai annusato l’alito di un gatto? Non è un’iperbole dire che potrebbe far resuscirare i morti sul serio. Si risveglia piena di cacca in faccia e con lo spider-sense. Torna a casa e si risveglia su una mensola. Rintraccia l’indirizzo della padrona del gatto e lo riporta a casa. La donna è una vecchia scarrampana che vive da sola, con settecento felini (ovviamente è l’unica casa a un piano in mezzo ai grattacieli). Le racconta la solita solfa mitologica e lei non ci crede. Tornata al lavoro, il capo le fa una scenata alla quale lei risponde per le rime, venendo licenziata in tronco. Si incontra con il fusto (fusto… nel film lo fanno passare come bellone, io lo trovo disgustoso) portandogli una litrata di caffè (scrivendo “sorry” sul bicchiere, che romantica canaglia). Lui insegna a comportarsi bene ai bambini delle elementari e giocano tutti insieme a basket allegramente. In stile videoclip di Britney Spears, i due si sfidano e lei fa sfoggio della sua nuova agilità. Patience afferma che la sua amica in carne le dice di essere “svago-deficiente” ma essendomi stata servita su un piatto d’argento, mi asterrò dal fare qualsiasi battuta.
Tornata a casa, mangia tonno con le mani (per quanto sia buono, la puzza di tonno non si leva dalle dita…) e spacca il culo al vicino che tiene la musica ad alto volume. Scopre di essere brava con la frusta, si taglia i capelli e se li acconcia in una pettinatura particolarmente ridicola e fuori moda, si veste da motociclista porno e ruba una moto. Per caso, passa davanti ad una gioielleria dove c’è una rapina in corso. Entra, picchia i malviventi con del kung fu falsissimo e si porta a casa la refurtiva. Il mattino dopo la riporta alla polizia, con un bel “sorry” scritto sulla busta (ma è una mania?!). Nonostante il comportamento gattesco, continua a vestirsi da culo. Torna dalla scarrampana per chiarirsi le idee e la vecchia le da una maschera gattesca dicendole di accettarsi per quello che è. Si fa un nuovo costume, decisamente troppo succinto (mai provato a fare acrobazie con i tacchi a spillo?) per una battona, figuriamoci per una donna qualunque. Rintraccia uno dei due uomini che l’hanno uccisa, a calci in culo si fa spiegare lo stato delle cose e torna alla fabbrica di cosmetici. Trova il cadavere dello scienziato pentito ma uno che passava di lì per nessun motivo da la colpa a lei. Il suo poliziotto indaga sul caso e nota la similitudine tra i due “sorry”. Come ogni coppia cinematografica decente, vanno al luna park, dove di nuovo, lei fa sfoggio della sua agilità, salvando un bambino dalla ruota panoramica scassata.
La notte Patience si reca a casa del capo, sperando di pareggiare i conti, ma trova la moglie, che le mente, spedendola dal marito che è a teatro con l’amante. Lei non fa a tempo a fargli la festa che la inseguono nelle quinte. Il fidanzato la confronta, remenandosi per terra per far salire la tensione erotica, e lei gli molla un bacio esagerato sulla guancia. Riesce a scappare, probabilmente perché lo ha tramortito con le sue battute di bassissima lega.
Escono di nuovo insieme e finalmente trombano, ma quando lei sta dormendo, lui trova un artiglio sul tappeto e capisce tutto quanto. Ruba anche un bicchiere con l’impronta di rossetto, che fa prontamente analizzare dagli espertoni. È ovviamente identica a quella nelle foto della guancia del poliziotto. CSI gli fa una pippa.
La moglie del capo la attira con una trappola (nel frattempo si è scoperto che ha i superpoteri, dati dall’uso decennale della crema che produce), facendo ricadere la colpa dell’assassinio del marito su di lei. La arrestano ma lei scappa attraverso le sbarre (larghe quanto un armadio).
Indossato il suo scomodissimo costume va a sabotare la consegna delle creme di bellezza, prevista per il giorno dopo. Durante la lotta finale, la cattivona (dimenticavo, è Sharon “prugna secca” Stone) cade dalla torre del capannone e si spiaccica al suolo. La donna-gatto molla l’ometto con un bigliettino e si da alla pazza gioia notturna. Vestita così le verrà probabilmente molto facile divertirsi…
Il regista… è uno che si chiama PITOF. Solo PITOF. Non John Pitof, o Francis Pitof. Pitof e basta.

2 commenti:

Lenny ha detto...

Ahaha. Ho capito metà trama, ma non importa :P

Riguardo a Pitof... nomen omen :P

Anonimo ha detto...

mpf....continua a guardarti Daredevil che solo quello puoi guardare, e smettila di commentare dei film che meritano... non hai i mezzi adatti per farlo!