lunedì 27 agosto 2007

[Recensione] Annapolis

La fiera delle ovvietà. Una specie di collage dei luoghi comuni tipici del film “uno sfigato (che suo padre odia) viene accettato nella prestigiosa accademia del Picchio, dove viene umiliato, quando sta per lasciare cambia idea. Combina qualcosa di figoso, diventa un eroe. Si becca la tipa”. E infatti.
Jack Huard lavora in un cantiere navale, proprio di fronte ad Annapolis, la famosa accademia navale. Ha un lavoro del cavolo, una famiglia del cavolo, l’unico divertimento è andare a sbevazzare con gli amici nel pub. Un bel dì arriva un emissario che gli dice che è stato accettato ad Annapolis perché si sono liberati dei posti. La cerimonia di ammissione è il giorno dopo (viva i preavvisi). La sera prima di “partire” gli amici di Jack gli organizzano uno scherzetto: gli fanno credere che una tipa al bar sia una prostituta, chiamata per lui. Ovviamente non lo è, ma almeno è simpatica e non lo prende a calci sui coglioni.
Jack si reca dall’altra parte della baia, entra ad Annapolis e naturalmente comincia un montage degli allenamenti durissimi che gli allievi devono fare. E come se non bastasse il capo (non me ne intendo di gerachie militari, per me sono tutti capi e sottoposti) è la tipa del bar. C’è la ciliegina sulla torta, il ragazzo ciccione che vuole entrare in accademia a tutti i costi e che il capo supremo umilia, chiamandolo, udite udite… Palla di Lardo (dovrebbero metterci il copyright,no?). Un’altra carrellata di ovvietà sono i compagni di stanza di Jack: un ispanico puzzone, un cinese traditore (che si chiama Loo… in nomen omen), il ciccione di colore… insieme a lui, bianchiccio e magro come un chiodo, sembra una pubblicità contro l’aids dei primi anni novanta. O in alternativa, della Benetton. Lo sport preferito dei giovani marinaretti è la boxe, nella quale si allenano sovente preparandosi per il super campionato finale, The Brigades. Ovviamente il campione è il super capo di colore che odia il nostro povero protagonista. Dopo qualche diverbio, Jack lo sfida, anche se non appartiene alla stessa categoria di peso, e infatti viene steso immediatamente. Qui scatta la seconda parte del film, dove il ragazzo comincia ad allenarsi per cercare di vincere il campionato, aiutato da un suo superiore e dalla bella del bar. Anche gli allenamenti “scolastici” proseguono, sfiorando la tortura cinese. Jack si mette sempre nei guai, non ne combina una giusta, infatti durante la pausa natalizia pensa di lasciare perdere ma quando torna a casa, si accorge che non è proprio una famiglia invidiabile. Il ciccione di buon cuore lo aiuta ad aumentare di peso, facendogli mangiare ogni schifezza possibile, riuscendo a raggiungere le 150 libbre (83 chili circa) necessarie per entrare nella categoria desiderata. Comincia il campionato e nei preliminari Huard stende Loo con un gancio. Loo, non si sa come mai, diventa un suo amico e parte del suo entourage sportivo. Cinque minuti prima si odiavano. Com’è semplice la vita nei film. Continuano gli allenamenti e il tipo ha un incontro ravvicinato con la sua donna, ovviamente con la scusa “vieni qui che ti faccio vedere come si fa” che si usa mille volte (di solito con il tennis e il golf), ma lei, si tira indietro (cogliona, hai James Franco sotto di te e tu che fai? Ti RITRAI???). arrivano le prove finali del corso e il ciccione sfora di 4 secondi il tempo limite. Il super capo di colore lo sbatte fuori e lui tenta di suicidarsi buttandosi da una finestra. Jack se la lega al dito e aggredisce il suo superiore perché lo incolpa del fatto. Fissano l’udienza disciplinare dopo la finale del campionato, David contro Golia. Il padre ricreduto sul figlio spunta il giorno del match, ma vince il capo per un filo (te pareva). La commissione non espelle Jack ma gli da 95 giorni di consegna (sai che punizione) e 95 note di demerito. Finito il primo anno, gli allievi possono finalmente avere dei rapporti umani con i membri femminili e infatti, il nostro eroe, si becca la ragazza suddetta. E vissero felici e contenti.
Nonostante l’ambiente militare mi ripugni, il film mi è piaciuto, seppur immerso nella banalità della trama e dei sentimenti. Forse è proprio per questo che colpisce nel segno. Non riesco ancora a decidere se James Franco è un bravo attore oppure no. Sembra che non reciti, è mono faccia, ma d’altronde sono anche i personaggi che interpreta che hanno la profondità di un vaso da notte. Però è carino, e qui c’è un sacco di carne al fuoco, visto che i pugili sgambettano in calzoncini corti per tutto il tempo.
La bella superiore è una dei protagonisti di The Faculty, dopo dieci anni sembra uguale…
Domanda puramente pratica… quando nei film (o lo fanno anche nella realtà?) dichiarano la fine dell’anno scolastico o quello che è, tutti lanciano il proprio cappello in aria ma non lo recuperano mai. Perché?! E poi, come fanno a riconoscere il proprio? C'è un qualcuno addetto a riportare i cappelli ai proprietari?

2 commenti:

Lenny ha detto...

Che bell'insieme di stereotipi.
Concordo sul ripudio dell'ambiente militare.

E riguardo i cappelli boh... le alternative sono molteplici:

1. i cappelli sono gonfiati a elio e se ne vanno nel cielo
2. le leggi fisiche vengono bellamente ignorate e i cappelli volano spontaneamente in alto (d'altronde lo fanno sempre quando tizio tira un pugno a caio e quest'ultimo fa un volo di 12 metri)
3. i cappelli hanno un elastico che li collega al rispettivo padrone, quindi una volta lanciati in aria tornato indietro
4. sono progettati da australiani esperti di boomerang
5. hanno dei chip RFID inseriti all'interno e un addetto si occupa di raccoglierli, riconoscerli (mediante la lettura elettronica del chip) e ridarli ai proprietari
6. il lancio dei cappelli è una buona scena per staccare la ripresa
7. i registri non sono mai così sapienti da sfruttare il lancio dei cappelli per fare una bella transizione di scena

Mah. Misteri...
come disse un certo poeta:

stormi di cappelli neri
com'esuli pensieri,
nel vespero migrar...

Anonimo ha detto...

Lo guardo o non lo guardo? mmm ... mi sa di no :P
Bella recensione comunque :)