martedì 8 maggio 2007

[Recensione] Someone like you


Durante la prima mezz’ora ho pensato, in esatto ordine, questa lista di cose:

- le battute sono estremamente prevedibili (in un paio di scene l’ho pensata esattamente come è stata detta dal personaggio in questione, PRIMA che la dicesse)

- le gag sono prevedibili, anch’esse pensate prima che accadessero, o poco efficaci.

- La trama è DECISAMENTE già vista (c’avrei scommesso una mano sul finale, e infatti… come biasimare la protagonista?)

- Ci sono un paio di trovate carine, come la suddivisione in capitoletti, i bambini che recitano definizioni o il tg che parla alla protagonista

- David Bowie sulla parete della redazione del giornale per cui lavora l’amica! Ma non sono sicura, devo necessariamente controllare!

- Ma perché la gente nei film beve così tanto caffè? A me fa vomitare anche vederlo sullo schermo.

Le sorti del film sono cambiate improvvisamente. È tutto un già visto, già sentito perché mi immedesimo nella protagonista? Le cose che accadono a lei, sono accadute a me, tali e quali. Tranne che per il fatto che non vivo a New York o che non lavoro in TV. O che non ho un collega misogino da mettere in riga che assomiglia a Hugh Jackman. Va bè, avete capito.

Ellen Barkin assomiglia tantissimo a Cameron Diaz, dovrebbero farle interpretare sua madre. Sarebbe carino per una volta vedere due parenti che si assomigliano in un film.

È una commedia romantica, e fin qui. Ci sono battute divertenti, gag, lacrime in agguato, happy ending (anche se io l’avrei girato a modo mio, creando un terzo finale alternativo – ce n’è già un altro nel dvd, anche se non cambia le sorti della protagonista). Io li avrei fatti rimanere amici. L’amicizia sì che sarebbe una rivoluzione nel mondo delle rom-com (tranne “Il matrimonio del mio migliore amico”, quanto ci rimasi male! Cameron Diaz era odiosa in quel film). È un po’ come “Orgoglio e pregiudizio”: la tizia parla parla ma alla fine il tipo se lo sposa. Bah! La coerenza non esiste più. A parte che anch’io perderei le staffe se una mattina mi svegliassi di fianco al suddetto Hugh (che verso i trentaquattro minuti mostra il suo fondoschiena – è in background ma l’ho visto lo stesso – devo fare un fermo immagine…).

Mi è piaciuta molto la protagonista, Ashley Judd. L’avevo vista solo in film d’azione e dimostra un talento nascosto nella commedia. Ma soprattutto non è una bambolona bionda riempita di botox dalle unghie plasticose. Lei almeno sembra vera. Sembra, perché è un’attrice. Quando piange tira veramente “la scafa” come diciamo noi, e non si intristisce leggermente a favore di telecamera. Tra l’altro ha un culone vero. Altro che Penelope Cruz e il cuscino di Volver.

È una mia impressione o Hugh Jackman starebbe benissimo un po’ brizzolato. Diamogli tempo, io non ho fretta (ho notato che il mio blog si sta concentrando abbastanza su begli uomini e brutte pettinature… forse dovrei cambiare nome e seguire la linea di quello che tengo su myspace…).

Tra le scene tagliate, un altro trip della protagonista, alla Ally McBeal, regina indiscussa delle paranoie, dove Harold Perrineau (il nostro Michael di Lost) ricalcando il suo Mercuzio di Romeo e Giulietta, fa da guida ad un gruppo di turisti e spiega il comportamento delle mucche in fase di accoppiamento (sembra una cosa fuori dal contesto, ma per tutto il film si parla di mucche e dei loro affari privati).

Una cosa non mi è piaciuta particolarmente: il bacio finale. Finto come le tette di (inserire pornostar a caso). Un po’ di lingua Hugh!

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